lunedì 6 dicembre 2010

premiére

Sebbene molti forse si aspettino da me quel comportamento tale da essere conforme alla linearità della vita, compresa quella sorta di staticità che il mondo ci propina spacciandola per novità, io sabato mattina ho voltato la faccia alla scuola. Perchè? è semplice. non riusciamo a farci capire, ed io nel mio piccolo sono avvilita di un'amarezza che non mi fa quasi dormire. mi guardo intorno e cosa vedo? niente. ci mobilitiamo organizzandoci, ci distruggiamo l'anima facendoci il sangue amaro per una manifestazione e poi? non ci danno neanche il merito. ma d'accordo, non è il merito quello che vogliamo. è solo che, a volte, basterebbe anche solo quel minimo di riconoscenza capace di alterare almeno per un po' quella smorfia antipatica che ci si è stampata sul viso. Io ho preferito camminare, sebbene piovesse; mi sono dedicata Napoli al mattino, quella che non tutti i ragazzi conoscono dato l'orario scolastico. ho attraversato la strada, ho inspirato forte l'odore poco definito dei bar, ho spulciato milioni di libri. mi sono guardata intorno chiedendomi perchè, come mai Napoli sia così abbandonata. ma poi mi sono ricreduta: da un vicolo 'scarrupato' è uscita una signora. era tutt'agghindata, piena di fronzoli e colori; al petto una croce e sul ventre un mantesino. ammetto d'averla guardata esterrefatta, sembrava uscita da un racconto popolare, e la conferma sono state le sue urla che stonandomi improvvisamente mi hanno fatto proseguire. non ho capito bene cosa stesse dicendo, eppure le sue parole mi sono sembrate così vere da scaldarmi il cuore e la speranza.
così mi sono avviata, a passo lento e senza perdermi, verso la Feltrinelli. ho vagato indisturbata, col cuore - lo ammetto - un po' scombussolato, ma ero serena: a dicembre tutto riesce ad essere più coinvolgente, il clima è di un tepore morbido ovunque. ovunque ci sono bambini, famiglie, persone anziane, ragazzi. ovunque riesci a trovare chiunque; io col mio libro mi sono seduta al bar ed ho aspettato. una telefonata, forse. o forse che la mia cioccolata si raffreddasse per tempo. o magari addirittura che arrivasse qualcuno da lontano a darmi un fiore, un bacio nei capelli.

allora sì, è vero che non sono adatta. è vero che mi coinvolgo poco nella mia stessa vita. è vero che non taglio le unghie per paura di restare disarmata. e allora, nonostante tutto, sarà vero anche che vivo per questo; che senza pianoforte non ci so stare, che ad appagarmi ci sono solo sentimenti sprezzanti, ultimamente. sarà.

Napoli comunque respira. dalle viscere del suo scontento parla come se fosse appena nata, balorda e divertente, infischiandosene, andando oltre, forse, tutti i pregiudizi; ed io la fisso contenta, come una bambina.  

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