domenica 19 dicembre 2010

Il sogno di una cosa

C'era una volta Alì - e non parlo di Alì, quel signore indiano con la barba scura, ma di un bambino -, il bambino Alì, Alì dagli occhi azzurri. Un giorno questo bambino un po' cresciuto si ritrovò in una stanza bianca, con tanti letti e qualche cravatta sul pavimento. "Sono simbolo di passaggio" mi disse "è come se avessimo fatto un viaggio". Era evidente il suo riferimento alle cravatte, disposte meticolosamente parallele e perpendicolari tra loro lungo il pavimento; il tutto mi faceva paura ma allo stesso tempo mi rassicurava. Il corpo di Alì, minuto ed esile, aveva un altro nome nella realtà, ma nella mia mentre per quella sera – che poi in sogno si tramutò in una soleggiata mattina – si chiamava così: Alì, Alì dagli occhi azzurri. Che poi, parliamoci chiaramente, i suoi occhi non erano azzurri. Piuttosto erano muschiati, di un verde che cadeva in un marrone denso, simbolo di passaggio. Cos’è che voleva da me questo Alì? Io ricordo che ridevo e non dormivo, c’erano dei letti bianchi ma non dormivo. Spesso ridevamo insieme e lui, improvvisamente, s’abbatteva in un’espressione imbronciata che mi lasciava perplessa, ma divertita.
Eravamo in questa stanza, lui continuava a spiegarmi delle cravatte col suo fare estremamente soddisfatto ed al contempo emozionato, entusiasta; mi sorrideva. Ogni tanto, sì, sorrideva. Alì..!     

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