venerdì 13 gennaio 2012

Nemmeno il destino - 2

Siamo spiacenti di comunicarle che il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a riprovare più tardi. Grazie_

Con il computer sulle gambe per riscaldarsi, Margherita staccava di nuovo il telefono, delusa. "Domani devo andare a lavoro domani devo andare a lavoro domani devo andare a lavoro" pensava, e non voleva crederci. Fuori c'erano più o meno dieci gradi, rientrando non c'aveva fatto molto caso perché la distanza dal portone al metrò era breve, si doveva soltanto attraversare la piazza. Ma una volta a casa, senza riscaldamenti, iniziava a sentirsi pure il vento di fuori. Domenica sera, trenici gennaio. Resoconto: diciannove euro soliti spesi per la spesa, fettuccine in frigo, scatola del caffè quasi piena. Musetta sotto il letto. Coperte pulite, finestre chiuse. Disegni sparsi.
Aveva ritrovato un paio di disegni dei tempi del liceo, di quando stava a Napoli e c'era il sole. Glieli aveva lasciati Domitilla. "Chissà che fine ha fatto" pensò soffiandosi tra le mani, le dita lunghe, "chissà.."; li aveva appesi entrambi sul muro d'ingresso, entrambi raffiguranti lei, Margherita, signorina, preziosa, totalmente diversa: sette chili in più, un po' di felicità negli occhi ancora grandi. Le piacevano gli stivali bassi, i maglioni di suo nonno, perdere il tempo. Fumare non le piaceva, per esempio: iniziò a diciotto anni, l'anno successivo a quei disegni datati millenovecentonovantanove. "Quanto tempo" disse svegliando il gatto, "più di dieci anni cazzo" e non ci pensò più.
L'appartamento era troppo vuoto. Adesso che Margherita era cresciuta, aveva lasciato qualcosa indietro poggiato da qualche parte, mentre altre cose le aveva tenute per sè come piccoli tesori da continuare a coltivare. Il mito della scrittura, per esempio. Oppure i ciclamini.
Si voltava e vedeva troppe cose in tutto quel tempo che aveva tentato di trattenere, ma che era scappato comunque. Tobia, la cenere, le carte, le parole i prati i gatti i messaggi sul cellulare, le promesse. Si rendeva conto solo ora di essere stata gelosa di tutti i suoi amici in maniera maniacale, e di averli trattati come fratelli tutti, prescindendo dal loro volerle bene. Un po' piangeva dentro, Margherita, e se ne meravigliava: Napoli le stava iniziando a mancare sul serio dopo più di cinque anni. Pagando l'affitto, con gatto e cucinino. Perfetta nel suo essersi ritrovata, finalmente: le mancava Napoli.
"Incredibile" si disse, "domani devo andare a lavoro".

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